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Artificio

OFFICINA* 22| luglio - settembre 2018

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“In OFFICINA*22 tecnica e artificio assumono valenze multiple: dalla manipolazione della materia alla ridefinizione del senso di una pratica, fino alla rigenerazione dell’esistente, del costruito e delle nostre città. Città che oggi non sono più “spazi recintati nel mondo naturale” ma luoghi artificiali che hanno preso il posto della natura che ha perso il suo ruolo di “ordine immutabile” o di “dominio dell’uomo” per diventare semplice materia, puro materiale da utilizzare”

Sommario

Nella cultura occidentale il rapporto tra uomo e natura ha sempre trovato una sua chiave di lettura nel ruolo affidato alla tecnica. Nel mondo classico la natura era concepita come “ordine immutabile”, un limite invalicabile governato dalla necessità (Galimberti, Psiche e techne, 1999, p. 474). La tecnica, dono di Prometeo agli uomini, non poteva dominare la natura ma solo svelarla: la techne era dunque intesa come imitazione della natura, strumento che permetteva all’uomo di progredire (pro-ducere) tanto a livello materiale quanto a livello intellettuale, traducendosi, prima che in una competenza pratica, in una forma di conoscenza della physis, intesa come verità (Heidegger, La questione della tecnica, 1976, p. 9).
L’avvento della visione giudaico-cristiana porta ad un primo mutamento del rapporto tra uomo e natura, ora intesa come dominio dell’uomo che, grazie alla tecnica, può dominare il mondo per lui creato. Se la società industriale pre-tecnologica che si origina da questa visione inverte il rapporto uomo-natura, assoggettando quest’ultima all’agire umano, la società tecnologica, nata dall’evoluzione della prima grazie al progresso, produce la totale subordinazione alla tecnica tanto dell’uomo quanto della natura (Galimberti, op. cit., p. 681). Lentamente la tecnica si impone quale condizione universale per il raggiungimento di qualunque fine e, da mezzo, essa stessa diventa il fine di ogni processo: l’obiettivo finale è migliorare gli strumenti per produrre sempre di più. La tecnica odierna non è più disvelamento ma artificio e “guarda alla natura non come ad un organismo che ha in sé il principio del proprio dispiegamento […] ma come a un materiale da organizzare secondo schemi non percettivamente e intuitivamente reperibili in natura (Galimberti, op.cit., p. 484). E in questo scenario la tecnica trasforma anche la produzione: oggi “si deve fare tutto ciò che si può fare” (Severino, Il destino della tecnica, 1998); e così la produzione diventa di massa, usa e getta, fatta di prodotti “nati per morire e destinati alla transitorietà” (Anders, L’uomo è antiquato II, 1992, p. 31) al punto da generare un dislivello, che Anders definisce “prometeico”, tra la nostra capacità produttiva e la nostra capacità di immaginare le conseguenze di un operare in cui l’uomo è asservito alle macchine.
In OFFICINA*22 tecnica e artificio assumono valenze multiple: dalla manipolazione della materia alla ridefinizione del senso di una pratica, fino alla rigenerazione dell’esistente, del costruito e delle nostre città. Città che oggi non sono più “spazi recintati nel mondo naturale” ma luoghi artificiali che hanno preso il posto della natura che ha perso il suo ruolo di “ordine immutabile” o di “dominio dell’uomo” per diventare semplice materia, “puro materiale da utilizzare” (Galimberti, op.cit., p. 475). Emilio Antoniol

Summary

In western culture the relationship between man and nature has always found a crux in the role given to the technique. In the classical world nature was conceived as an “immutable order”, an impassable limit governed by necessity (Galimberti, Psiche e techne, 1999). The technique could not dominate nature but only reveal it: the techne was therefore seen as an imitation of nature, an instrument that allowed man to progress (pro-ducere) both at the material and intellectual level, resulting as a form of knowledge of physis (Heidegger, The Question Concerning Technology, 1954). The advent of the Judeo-Christian vision leads to a first change in the relationship between man and nature, now understood as the domain of man that, thanks to technology, can dominate the world. If the pre-technological industrial society reverses the relationship between man and nature, the technological society, born from the evolution of the former one, produces the total subordination to technology of man as much as nature (Galimberti, op.cit.). The technique slowly imposes itself as the universal condition for the achievement of any purpose and becomes the aim of every process. Today’s technique is no longer a revelation of nature but it is artifice and “looks at nature […] as a material to be organized according to patterns that are not perceptively and intuitively available in nature (Galimberti, op.cit.). In this scenario, the technique also transforms the idea of production: today “we must do everything that can be done” (Severino, Il destino della tecnica, 1998); and so the production changes and becomes a mass production, made of products “born to die and destined to transience” (Anders, Man is antiquated II, 1992) to generate a “Promethean gap” between our productive capacity and our ability to imagine the consequences of the production in which man is subservient to machines.
In OFFICINA* 22 technique and artifice take on multiple valences: from the manipulation of matter to the redefinition of the sense of a practice, up to the regeneration of the cities. Cities that today are no longer “enclosed spaces in the natural world” but artificial places that have taken the place of a nature that is become simple matter, “pure material to use” (Galimberti, op.cit.). Emilio Antoniol

22a

N.22 luglio – settembre 2018

Trimestrale di Architettura, Tecnologia e Ambiente
Cartaceo ISSN 2532-1218
Digitale ISSN 2384-9029
Reg. Tribunale di Treviso n.245

Indice

Artificio

Introduzione
Emilio Antoniol
Sul significato culturale delle tecniche irrigue tradizionali in scarsità idrica
Stefano Barontini, Barbara Badiani, Vladimiro Boselli, Marco Peli, Dario Pezzotti, Raffaele Quarta, Nicola Vitale
La manipolazione rurale
Cristiano Tosco
Costruire la montagna
Emiliano Romagnoli
Nel dettaglio ligneo
Margherita Ferrari
I rivestimenti metallici in architettura
Massimiliano Condotta
Semi-artificiali
Stefanos Antoniadis
Infondo – Plastica
Emilio Antoniol e Stefania Mangini

Rubriche

ESPLORARE
a cura di Valentina Manfè
PORTFOLIO
Se fossi vetro…storia di un granello di sabbia
Letizia Goretti
IN PRODUZIONE
Lo sfondellamento dei solai
Michele Tomasella, Marco Redolfi, Marco Rossato, Bruno Zorzi
Da rifiuto a nuova risorsa
Emilio Antoniol
I CORTI
Il corpo progettuale
Camilla Casadei Maldini, Ilaria Lusetti
Produrre identità
Alice Cleva
Tradizione e innovazione, un dialogo possibile?
Matteo Silverio
L’ARCHITETTO
Archeologia del contemporaneo

Moreno Baccichet, Andrea Bernava
Dinamiche progettuali e costruttive
Elisa Zatta
Un mattone sopra l’altro
Diletta Baiguera, Riccardo Daniel, Tiziana Mazzolini
L’IMMERSIONE
Reggio Emilia Approach

Cristiana Mattioli, Giulia Setti
Città & Produzione
Ianira Vassallo
Spazi che producono valore
Alessia Franzese
Dighe inattuali
Luca Iuorio
Isole
Stefano Mudu
AL MICROFONO
Progetto Quid

a cura di Arianna Mion
CELLULOSA
Artificio: un antidoto contro la solitudine
a cura dei Librai della Marcopolo
(S)COMPOSIZIONE
Polythene Bag
Emilio Antoniol

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